Tutto quello che serve per fare impresa (oltre alla sopravvalutata idea): team, business model, funding e timing.
L’esperienza come co-founder di TribYou, idea incubata come progetto esterno presso I3P – l’Incubatore del Politecnico di Torino – mi ha permesso di toccare con mano la complessità dell’ecosistema startup. Insieme ai miei due co-founder, ho imparato che l’idea non è fondamentale e che esistono diversi elementi altrettanto importanti.
Chi si avvicina all’ecosistema startup tende a sovrastimare il valore dell’idea. La domanda “E se avessi l’idea giusta?” risuona spesso nelle menti di aspiranti imprenditori, accompagnata dal sogno di un successo rapido e trasformativo. Ma la realtà dell’innovazione è più complessa e sfaccettata e cercherò di spiegarmi meglio nel proseguo dell’articolo.
I 5 elementi per “Fare Impresa”
Il rischio principale dell’ecosistema startup, problema particolarmente sentito in Italia, è considerare l’idea come un’entità immodificabile e unico aspetto da cui dipende il successo di una startup. Di conseguenza, si tende a credere che sarà solo l’idea ad essere finanziata, sottovalutando altri aspetti cruciali.
Ho toccato con mano questa dinamica nel 2013, quando ho partecipato allo Startup Weekend presso Talent Garden Brescia. Il nostro team, formato sul momento, vinse l’evento con il progetto “Orto Cittadino”. Un’esperienza che ha confermato come in questi eventi il focus sia principalmente sul pitch più avvincente e sull’idea innovativa, mentre il team – assemblato casualmente durante l’evento stesso – passa in secondo piano nonostante sia un elemento cruciale per il successo di una startup.
Questa riflessione, nata da esperienze dirette, trova conferma nelle parole di Bill Gross, imprenditore americano che, durante un TED talk, ha condiviso la sua esperienza identificando gli ingredienti fondamentali per fare impresa, evidenziando come tutte queste componenti siano interconnesse e ugualmente importanti.
Gross individua quattro aspetti oltre all’idea:
- Il team
- Il business model
- Il funding (finanziamento)
- Il timing
Sottovalutare questi aspetti in un contesto di estrema incertezza, caratterizzato da rapidissimi cambiamenti di mercato, porta ai dati presentati da MindTheBridge: oltre l’80% delle startup finanziate in Italia fallisce. Un dato che, per consolazione, accomuna anche la Silicon Valley.
Sul tema del business model, elemento cruciale ma spesso sottovalutato nell’ecosistema startup, dedicherò un articolo specifico dove approfondirò come la validazione del modello di business sia fondamentale tanto quanto l’idea stessa, se non di più.
Come viene spiegato molto bene nel video l’intuizione originale ha un peso importante ma non è la sola cosa fondamentale nell’economia Startuppara: team e timing sono componenti altrettanto importanti.
Team & Timing: le fondamenta del successo
Il team è spesso il fattore critico che determina il successo o il fallimento di una startup. Le sfide più comuni includono la mancanza di competenze chiave, divergenze sulla strategia e resistenza all’integrazione di nuovi membri. Queste criticità, se non affrontate tempestivamente, innescano una reazione a catena che può compromettere l’intero progetto.
Il deterioramento della fiducia è un processo graduale. Si manifesta attraverso piccoli segnali: il team perde coesione, le decisioni diventano più difficili, l’entusiasmo iniziale si affievolisce. Le riunioni si trasformano in lunghe discussioni su dettagli del Business Plan, che da strumento di opportunità diventa una barriera insormontabile. Questo impatta inevitabilmente sul timing della startup, come illustra efficacemente Trevor Owens nel video The Startup Curve, dove descrive l’andamento emozionale di una startup nel tempo.
Per chi desidera approfondire questa dinamica, suggerisco l’analisi di Andrew Chen, advisor e investor di startup come Dropbox, che offre interessanti spunti di riflessione sul tema.
Fallire è il primo passo verso l’innovazione
Ho scelto di intitolare questo articolo “L’idea non è tutto. Impariamo ad innovare” perché il fallimento è una tappa quasi inevitabile nel percorso imprenditoriale. Non deve essere visto come uno stigma sul curriculum, ma come un’opportunità di apprendimento. L’imprenditorialità è una forma di management che si sviluppa attraverso l’esperienza, e meriterebbe maggiore spazio nel nostro sistema educativo.
Avanish Kaushik , digital marketing evangelist di Google e co-founder di Market Motive, ha scritto un manifesto illuminante per Web Marketers & Analysts. Al punto 4 afferma: “I believe that God created the Internet so we could fail faster”. Nel mondo offline, sperimentare è costoso e il prezzo del fallimento è alto. Il web cambia questa dinamica, permettendo di assumere rischi significativi a costi contenuti.
“I believe that God created the Internet so we could fail faster… In the offline world it is very expensive to experiment and test, the cost of failure is very high. As a result we don’t take risks.We keep doing what we think “works”, until the day we go bankrupt. The web changes that. You can take dramatic risks, at very low costs and learn big. Your website is nothing but a machine built to make you smart by taking lots of risks… the cost of taking risk on the web is low. You can try a idea. Give it a try. Fail faster…”
Un esempio concreto? AirBnB, la celebre startup di San Francisco citata da Gross, non possiede nemmeno un appartamento. Il loro successo deriva dall’aver validato un nuovo modello di business nel momento giusto, sfruttando le opportunità offerte dalla digitalizzazione.
Il metodo Lean Startup: un approccio scientifico all’innovazione
Il metodo di lavoro merita un’analisi separata rispetto alle altre componenti discusse. Dalla mia esperienza, sia nella fase di pianificazione che nell’execution, l’approccio metodologico è fondamentale. Il rischio altrimenti è dedicare mesi o anni a un progetto per scoprire che il mercato non è interessato alla nostra soluzione.
In questo contesto, il metodo Lean Startup di Eric Ries offre un framework prezioso. È un approccio data-driven che, attraverso feedback continui, riduce drasticamente il rischio di fallimento. Si applica sia alle startup che agli spin-off di aziende consolidate, integrando elementi del Lean Manufacturing di Toyota, del design thinking e dell’agile development.
Il suo libro “Il metodo Lean Startup: innovazione senza sprechi per nuovi business di successo” ha ispirato la creazione di Socializers, poi diventata BTREES, la social media agency che ho aiutato in fase di ideazione/strutturazione.
È una lettura che consiglio vivamente a chi vuole avvicinarsi all’innovazione in modo strutturato.